di Fabrizio Apostolo
Maurizio Ruggiero è uno dei tre direttori tecnici della FAVER di Bari, nome salito recentemente alla cronache per aver sviluppato, realizzato e fornito i 18 pennoni da 28 m l’uno che costellano il nuovo Ponte Genova San Giorgio, aperto al traffico quest’estate. Un progetto che caratterizza lo spirito di ricerca, sfida e impresa di questa bella e storica realtà del nostro Sud, a sua volta esempio di quel “Made in Italy della buona tecnica” che la nostra testata, da sempre, s’impegna a raccontare. L’abbiamo intervistato.
Come nasce FAVER?
La nostra azienda nasce all’inizio degli anni Ottanta su iniziativa di mio padre Ciro Antonio Ruggiero, il fondatore, e di altri miei familiari. La prima attività consisteva nell’applicazione di trattamenti di verniciatura e protezione contro la corrosione nei grandi serbatoi e adduttori degli acquedotti di Puglia e Basilicata (l’acronimo sta per “Fornitura Applicazioni VERnici”). Quasi subito, tuttavia, abbiamo assistito alla prima, sostanziale evoluzione: FAVER è diventata a tutti gli effetti impresa, specializzandosi nella costruzione e manutenzione di grandi acquedotti.
É questo il vostro attuale core business?
Certamente, con tutto quanto vi è connesso. Negli anni, per esempio, abbiamo sviluppato know how e referenze nella realizzazione di opere idrauliche e di irrigazione, ma anche nel trasporto e trattamento delle acque potabili, nelle stazioni di pompaggio, nonché nella costruzione e gestione di centrali di produzione idroelettrica, fognature civili e industriali, impianti di depurazione per città o paesi, per proseguire con i montaggi di impianti industriali.
Dove trova origine la vostra specializzazione in fatto di costruzioni metalliche, che vi ha condotto alla prestigiosa referenza di Genova?
Trova origine nell’acquisizione, ormai tre decenni or sono, di una primaria società di carpenteria metallica che contava su un’officina da 15mila metri quadrati di superficie. Siamo partiti da lì per progettare e realizzare, negli anni, strutture di ogni genere, al servizio dei nostri cantieri e per conto terzi. Tra queste, accessori per acquedotti e dighe, naturalmente, ma anche condotte e torri di sostegno per turbine eoliche.
Entriamo così nel pieno del discorso sulle destinazioni d’uso delle vostre soluzioni: ce ne può raccontare qualcuna?
Mi sembra esemplificativo citare, in questa sede, la funicolare per il trasporto di persone e attrezzature che abbiamo realizzato al servizio di un tratto della Galleria di Valico che confluisce nell’Acquedotto del Sele, nella galleria Pavoncelli, il noto e storico tunnel idraulico di 15 km che prende avvio a Caposele, in Irpinia, e consente di trasferire acqua alla Puglia. In un determinato punto, i manutentori devono scendere nel sottosuolo fino a 250 m di profondità, percorrendo un piano inclinato lungo 600 m. Per accedervi utilizzano il nostro sistema, costituito da un particolare impianto tecnologico e da cabine interamente realizzati da FAVER. La “Pavoncelli”, inoltre, rappresenta per la nostra azienda un bacino di molte altre referenze tecniche, a partire da un memorabile intervento di ricostruzione e rinforzo di alcuni tratti dissestati operando in un cunicolo molto stretto a 4 km dall’imbocco. In soli 20 giorni di lavori abbiamo posato circa 200 centine restituendo l’acqua alla Puglia. Ma abbiamo anche collaborato con Vianini Lavori e Ghella all’esecuzione della Galleria Pavoncelli Bis, una grande opera contemporanea. Chiudo, per completare la risposta alla sua domanda, ricordando qualche altra destinazione d’uso: dalle grandi valvole di diametro 3 m per l’ex Ilva alle paratoie per dighe, alle travi da ponte. In ambito stradale abbiamo collaborato alla costruzione di barriere mobili per varchi autostradali e portali.
Ha accennato anche alle torri per le turbine eoliche, strutture che ricordano i pennoni del Ponte San Giorgio...
Siamo entrati in quel settore partendo dal nostro know how in materia di tubazioni in acciaio, anche fino a 3 m di diametro. Così, abbiamo iniziato a realizzare sostegni per pale eoliche fino a 60 m di altezza, ma ci siamo anche concentrati su soluzioni più piccole, sviluppando torri coniche o poligonali. Un progetto che mi piace ricordare riguarda una realizzazione in Israele, dove le nostre torri sono state impiegate per le comunicazioni.
Nasce da questo contesto la sfida genovese?
Proprio così. Siamo stati coinvolti dal consorzio di costruttori PerGenova, guidato da WeBuild, a cui abbiamo proposto una soluzione cilindrica, più adeguata a definire un “percorso” che andasse dai 50 cm di base ai 7 cm in sommità. Come dice, si è trattato di un’autentica sfida: i 18 pennoni sono stati realizzati assiemando tubi meccanici, ovvero composti di pezzi interamente lavorati. Si è trattato di una lavorazione molto complessa che ha saputo restituire un effetto di grande semplicità, nello spirito di quanto ideato dallo studio guidato da Renzo Piano.
Ci ricorda l’“identikit geometrico” di ogni pennone?
Si tratta di strutture che si elevano per 28 m composte da 13 elementi e approntate in due segmenti da 14 m ciascuno, la cui giunzione è stata effettuata in cantiere tramite frangia bullonata.
La prossima sfida?
È prematuro parlarne, ma sicuramente ce ne saranno. Perché questo è un tratto caratteristico della tradizione e della realtà Faver: abbiamo dalla nostra la storia, le competenze e soprattutto la curiosità e la passione per un lavoro creativo.