È stato presentato il XXXIII Rapporto Congiunturale e Previsione del CRESME. Con il 2022 il settore delle costruzioni si è riavvicinato ai picchi di quantità del 2007, qualcosa che solo nel 2019 si pensava impensabile; stiamo parlando di valori deflazionati non di valori correnti. Se poi consideriamo il livello dell’inflazione raggiunto, le costruzioni del 2022 costano il 15/20% in più di quanto costavano nel 2019 secondo le fonti ufficiali, il 25/30% secondo le analisi del CRESME. A valori correnti gli investimenti in costruzioni nel 2019 valevano 141 miliardi di euro; nel 2022, 232 miliardi, 91 miliardi in più.
Quantità e prezzo hanno determinato due anni eccezionali di crescita delle costruzioni con tassi da anni ’60, trainati da incentivi fiscali per la ristrutturazione e dalle opere pubbliche. Ma anche le nuove costruzioni residenziali sono cresciute e quelle non residenziali. E anche il mercato immobiliare è cresciuto, anche le compravendite di abitazioni hanno raggiunto, e in diverse realtà superato, i livelli del 2006-2007.
L’inflazione poi ha cominciato a incidere anche sui prezzi delle case, ma meno che sui prezzi delle costruzioni, ad eccezione di alcune realtà nazionali, come Milano dove la spirale di crescita ha già fermato, in attesa, i nuovi investimenti. L’alta inflazione ha cominciato a incidere sui comportamenti della domanda, anche perché stipendi e salari non vengono adeguati.
La nuova fase che stiamo vivendo riporta sul mercato il tema dell’inflazione e dei tassi di interesse: cosa succederà nei prossimi due anni e come questo incide sul mercato delle costruzioni e dell’immobiliare è un altro dei temi chiave da affrontare.
Negli ultimi due anni il mercato delle costruzioni, è stato alimentato da importanti risorse private (il risparmio accumulato dalle famiglie e dalle imprese sia nel 2020 che nel 2021) e da importantissime risorse pubbliche: l’eccezionale stagione degli incentivi e il PNRR, ma anche da stanziamenti per le opere pubbliche che vengono dal 2014/2015 e che sono diventate aggiudicazioni di lavori a partire dal 2021, hanno fatto crescere il mercato in due anni con una accelerazione da paese in via di sviluppo. Nella riqualificazione e nelle aggiudicazioni dei bandi di opere pubbliche la crescita è stata del 45/50% in un solo anno. Si è entrati in una fase di eccessi, una fase irragionevole rispetto al rapporto tra domanda e offerta. Nel mercato della riqualificazione l’inversione è attesa per il 2023. Sarà più lenta di quanto dovrebbe essere perché il 2022 non basterà a coprire l’onda della domanda. Gli incentivi andranno riducendosi e fermeranno il principale motore che ha trainato le costruzioni. Ma nel 2023, a maggio, quando si presenteranno i bilanci del 2022, si faranno anche i conti con i cassetti fiscali accumulati e con i rischi di tenuta di molti operatori. Ma non solo, la forte crescita del PIL nel 2021 e nel 2022 ha radici profonde nelle costruzioni e come è possibile dimostrare nel Superbonus. La frenata degli incentivi darà una frenata per il PIL, e come si fermerà e come proseguirà questo mercato è uno dei grandi temi chiave del XXXIII Rapporto Congiunturale e Previsionale del CRESME.
Allo stesso modo il mondo delle opere pubbliche entra nel cuore di una sfida eccezionale, è una sfida realizzativa, che tenta di ridisegnare la competitività infrastrutturale del Paese, che cerca di gettare le basi di un nuovo processo di modernizzazione. La questione è: si riuscirà a farlo? Le imprese ci sono? I progetti sono pronti?
E ancora: che succederà nei prossimi anni per la nuova produzione residenziale? E per il mercato immobiliare? E cosa faranno i grandi investitori internazionali? Possiamo dire che le costruzioni entrano in una fase in cui non più tutti i motori tireranno la crescita, ma certamente alcuni comparti continueranno a crescere e altri si fermeranno. Si delinea una fase ciclica nuova, che ha due temi chiave: cosa succederà nel 2023-2024 e cosa succederà dopo il 2026-2027. In questo nuovo scenario, in ogni caso la produttività del settore delle costruzioni sarà costretta a cambiare. Da questo punto di vista i prossimi dieci anni saranno anni decisivi.